Shuffle#27: Lael Neale - I Am The River
Da un ascolto casuale, una canzone irresistibile che poteva essere uscita qualche decennio fa, negli anni sessanta più solari.
-Introduzione-
Ha fatto molto parlare la “chiusura” di Pitchfork: tra virgolette perché non è chiarissimo il destino dello storico sito americano, una vera e propria bibbia della musica fondato nel 1996 e che soprattutto a partire dai primi anni novanta è stato un elemento centrale nel racconto della musica indipendente (e che pure negli ultimi anni aveva fatto convivere in maniera importante un certo mainstream con le nicchie). Per quel che si sa il personale verrà assorbito dalla redazione del magazine Gq. É veramente poco importante nei numeri (è un sito, sono un pò di persone) quanto enorme come segno dei tempi: si può pensare che dopo le riviste cartacee (ormai morte) e Myspace, Pitchfork sia stato l’ultimo media a poter indirizzare attraverso la critica il successo di un disco o meno. La spinta propulsiva a quei dischi (Bon Iver, Arcade Fire, National) ha permesso di raggiungere clamori altrimenti impossibili: non avremmo mai potuto avere come hit vera e propria nei club indipendenti un brano degli sconosciutissimi Clap Your Hands Say Yeah se non fossero stati spinti dal sito. Ma ancora: la selezione musicale in diversi festival (per tanti anni allo stesso Primavera Sound) ha contribuito a sdoganare nomi e scoperte dal vivo. Al di là delle viralità di Tik Tok (che può salvare, o meglio fare esplodere dischi sconosciuti) al momento non esiste niente di simile a quello che è stato Pitchfork a livello globale e non è una cosa da poco. Ci proviamo anche qui, in piccolissimo, a raccontare la musica, per cui alla fine possiamo dire poco oltre a grazie, a te che leggi. Anzi, se ti piace il progetto di questa newsletter, inoltrala a qualcuno.
-La Shuffle della settimana-
Tipa particolare Lael Neale, capace di scrivere una piccola canzone killer che si è fissata nelle orecchie al primo ascolto. Di origini irlandesi, cresce negli Stati Uniti e si trasferisce poi stabilmente a Los Angeles.
Sei anni tra l’esordio (I’ll be your man, 2015) e il secondo disco (Acquainted with night, 2021) e poi, come per tanti, per tutti, la pandemia: due anni di ritorno in famiglia, in Virginia consegnano una Lael Neale differente nell’animo e nei suoni, maturata e in grado di scrivere un pugno di belle canzoni, anche permettendosi di superare gli otto minuti (come nella “nostrana” In Verona).
Soprattutto di analizzare lucidamente tutte le contraddizioni del mondo moderno: citando dal suo sito ufficiale, le parole di questo disco arrivano dalle differenze tra città e campagna, tra umanità e tecnologia, tra solitudine e relazione, in un approccio moderno quanto con uno sguardo al passato, di cui è un perfetto specchio “I Am The River” irresistibile nel suo crescere puramente anni sessanta supportato da una drum machine scoppiettante e divertente.
Come sintetizzato perfettamente in un commento al video di un altro brano del disco, Faster Than The Medicine: this feels unique and also like a song I’ve heard a million times I love and never get tired of (sembra qualcosa di unico e allo stesso tempo come una canzone che amo e ho sentito un milione di volte e di cui non mi stufo mai).
Si adatta perfettamente alla canzone di oggi.
Se ti è piaciuta la canzone, ascolta l’intero disco su Spotify e in caso, se ti interessa, qui trovi il vinile del disco “Star Eaters Delight” .
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